Il 30 novembre del 1786 la Toscana, con un provvedimento senza precedenti, abolì la pena di morte: dal 2000 proprio in questa data si commemora l'avvenimento, celebrando la cosiddetta "Festa della Toscana".
Ed ecco l’Editto del Granduca Pietro Leopoldo, affettuosamente detto CANAPONE dai fiorentini per la sua chioma stopposa come la canapa:
"Pietro Leopoldo, per grazia di Dio, principe reale d'Ungheria e di Boemia, arciduca d'Austria, granduca di Toscana.
Fino dal Nostro avvenimento al Trono di Toscana riguardammo come uno dei Nostri principali doveri l'esame e riforma della Legislazione Criminale, ed avendola ben presto riconosciuta troppo severa e derivata da massime stabilite nei tempi meno felici dell'Impero Romano, o nelle turbolenze dell'Anarchia dei bassi tempi, e specialmente non adattata al dolce, e mansueto carattere della Nazione, procurammo provvisionalmente temperarne il rigore con Istruzioni ed Ordini ai Nostri Tribunali, e con particolari Editti, con i quali vennero abolite le pene di Morte, la Tortura, e le pene immoderate, e non proporzionate alle trasgressioni, ed alle contravvenzioni alle Leggi Fiscali, finché non ci fossimo posti in grado mediante un serio, e maturo esame, e col soccorso dell'esperimento di tali nuove disposizioni di riformare intieramente la detta Legislazione. Con la più grande soddisfazione del Nostro paterno cuore Abbiamo finalmente riconosciuto che la mitigazione delle pene congiunta con la più esatta vigilanza per prevenire le reazioni, e mediante la celere spedizione dei Processi, e la prontezza e sicurezza della pena dei veri Delinquenti, invece di accrescere il numero dei Delitti ha considerabilmente diminuiti i più comuni, e resi quasi inauditi gli atroci, e quindi Siamo venuti nella determinazione di non più lungamente differire la riforma della Legislazione Criminale, con la quale abolita per massima costante la pena di Morte, come non necessaria per il fine propostosi dalla Società nella punizione dei Rei, eliminato affatto l'uso della Tortura, la Confiscazione dei beni dei Delinquenti, come tendente per la massima parte al danno delle loro innocenti famiglie che non hanno complicità nel delitto, e sbandita dalla Legislazione la moltiplicazione dei delitti impropriamente detti di Lesa Maestà con raffinamento di crudeltà inventati in tempi perversi, e fissando le pene proporzionate ai Delitti, ma inevitabili nei respettivi casi, ci Siamo determinati a ordinare con la pienezza della Nostra Suprema Autorità quanto appresso.(...)
LI. Abbiamo veduto con orrore con quanta facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti anco non gravi, ed avendo considerato che l'oggetto della Pena deve essere la soddisfazione al privato ed al pubblico danno, la correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi, la sicurezza nei Rei dei più gravi ed atroci Delitti che non restino in libertà di commetterne altri, e finalmente il Pubblico esempio, che il Governo nella punizione dei Delitti, e nel servire agli oggetti, ai quali questa unicamente diretta, è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al Reo; che tale efficacia e moderazione insieme si ottiene più che con la Pena di Morte, con la Pena dei Lavori Pubblici, i quali servono di un esempio continuato, e non di un momentaneo terrore, che spesso degenera in compassione, e tolgono la possibilità di commettere nuovi Delitti, e non la possibile speranza di veder tornare alla Società un Cittadino utile e corretto; avendo altresì considerato che una ben diversa Legislazione potesse più convenire alla maggior dolcezza e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente, sia contumace, ed ancorché confesso, e convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate ed abolite. (...) Tale è la Nostra volontà, alla quale Comandiamo che sia data piena Esecuzione in tutto il nostro Gran-Ducato, non ostante qualunque Legge, Statuto, Ordine, o Consuetudine in contrario."
Dato in Pisa li 30 Novembre 1786.
(Trascrizione del Proemio e dell' articolo LI (Abolizione della pena di morte) della Legge di riforma criminale del 30 novembre 1786, n. LIX conosciuta anche come Codice Leopoldino o Leopoldina)
7 commenti:
Ah, Roby, che freschezza di concetti e di prosa! Che bellissima e, ahimè, inattuale espressione: "e specialmente non adattata al dolce, e mansueto carattere della Nazione" (non perchè meno mansueta nei fatti, ma perchè si vergogna d'esser tale).
Ventidue anni dopo Delitti&Pene e tre prima del fatidico '89, che finì in un gran reciproco decollarsi. Del Beccaria si sente l'eco nell'argomentare. Quel prediligere, per esempio, il lavoro forzato all'esecuzione che ingenera compassione: "Che debbon pensare gli uomini nel vedere i savi magistrati e i gravi sacerdoti della giustizia, che con indifferente tranquillità fanno strascinare con lento apparato un reo alla morte, e mentre un misero spasima nelle ultime angosce, aspettando il colpo fatale, passa il giudice con insensibile freddezza, e fors'anche con segreta compiacenza della propria autorità, a gustare i comodi e i piaceri della vita?" (Un Beccaria forse ottimista sulle pulsioni delle masse, che ieri assistevano trepidanti al supplizio dal vivo, e che oggi accorrerebbero a vederlo ricostruito e spiegato in studio da Vespa).
Quanta somiglianza tra le "pene immoderate" del Canapone e il "cruel and unusual punishment" della Costituzione americana. Che però, in democrazia, non ha mai osato quanto questo pomposo "per grazia di Dio principe reale d'Ungheria e di Boemia, arciduca d'Austria, granduca di Toscana," che -voilà- si permettè -in limine regni- poteva cancellare la crudeltà di stato con semplice "Tale è la Nostra volontà".
E c'è pure una lezione per i nostri legislatori, giudici e avvocati: "e mediante la celere spedizione dei Processi, e la prontezza e sicurezza della pena dei veri Delinquenti, invece di accrescere il numero dei Delitti ha considerabilmente diminuiti i più comuni, e resi quasi inauditi gli atroc".
Che non so se il Canapone lo deducesse dalle statistiche, o se fosse solo innamorato della prosa beccariana, che proprio questo concetto aveva efficaciemente svolto e teoricamente dimostrato. Che comunque suona convincente, piace ed è immediatemante traducibile in programma e prassi politica.
Quasi tutti pensano che la pena di morte sia un deterrente: invece in USA c'è da sempre, ed è uno dei paesi più violenti del mondo.
(idem per il tenere le armi in casa: il più delle volte ammazzano persone innocenti, a partire dai figli curiosi e dai passanti che si trovano sulla linea di tiro fra il ladro e il derubato).
Cara Roby, Canapone non lo conosce più nessuno; però se almeno insegnassero Konrad Lorenz nelle scuole (le tortore in gabbia, da "L'anello di Re Salomone", 1947) si capirebbe qualcosa in più di quel che succede.
saludos
Giuliano
Roby: W ROBY!!!
Nicola, però sembra che non sia stato il Beccaria, a scrivere "Dei delitti e delle Pene", ma il Verri. Beccaria, negli altri scritti, non è mai a quella altezza. Ma non ha molta importanza chi sia stato, importa accorgersi che in Italia l'illuminismo c'è stato.
Giuliano, non solo, ma molti stanno lontani da Lorenz senza averlo mai letto, perché qualcuno insinua che Lorenz vorrebbe che l'uomo guardasse con attenzione gli animali ed imparasse diverse cose che gli servirebbero nel comportamento materiale e nel sistema morale dei valori. Ed aggiungono: "Ah! l'uomo non è un animale!"
Figurati se faranno leggere Lorenz nelle scuole, molto meglio il buon selvaggio di Rousseau. Ma non credo che questo sia tipico degli ignoranti, molti, istruiti e laici, di fronte a Lorenz, Darwin, Monod, Laborit sono in assoluto disagio, e cercano in tutti i modi di svicolare. Anche perché, fra i letterati, è diffuso un atteggiamento di ingiustificata sufficienza: va bene leggere Heidegger o anche Freud, ma i biologi, gli etologi, stiamo scherzando? Che facciano il loro lavoro con provette e cavie, e non si impanchino a parlare dei massimi sistemi.
Privilegiano tutte le branche del sapere in cui il principio di falsicabilità di Popper non è applicabile (o si ritiene che non lo sia...), così, ognuno può continuare a sostenere le sue cazzatelle per trent'anni.
Come si vede nel riconoscimento delle opere in storia dell'arte, in cui sono tanti i casi di puntiglio o di interesse personale di fronte a prove documentali chiarissime.
saludos
Solimano
Lo sapevo... ero sicura... me l'aspettavo... non dubitavo affatto che... che l'editto del "mio" Canapone avrebbe solleticato a dovere l'estro e la cultura di così nobili colleghi-di-blog!!!!
Eccellenze, vi riverisco. E vado a cercare il volume di Lorenz, che dovrebbe stare di là, in camera, nello scaffale di sinistra... o era in quello di destra?
Roby
Cara Roby, tra le altre cose "L'anello di Re Salomone" è anche molto divertente: come quando Lorenz ammaestra le ochette facendo quaqua tra l'erba alta, e poi l'erba diventa meno alta, lui alza la testa e trova tre signori che lo guardano a occhi sbarrati...
(eccetera, non è mica l'unica)
(Lorenz era un tedescone di un metro e novanta)
complimenti sinceri, un blog eccezionale. Ci sono passato per caso ma sono rimasto a leggerlo per metà mattinata.
Un saluto.
Sei molto gentile, poliglotta.
Ti ringrazio, anche a nome degli altri collaboratori del Nonblog.
H.
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