Erano i peperoni, i pomodori e le cipolle, insieme all'aceto e allo zucchero, a sprigionare un'armonia così intensa che avresti volentieri intinto pane tenero nell'aria. La salsa accompagnava i pasti e si alternava alla fragranza dolce del finocchio tagliato sottile e ben assortito al rosa del tonno.
"Quando mi sposo, a nozze io voglio solo finocchio e tonno".
Buono, lasciava nel piatto una memoria generosa d'olio, insaporito di fresco fresco, da assorbire con certe rosette di crosta gentile, senza fatica.
A tavola si rideva. "Gli agnolini mangerai"- si scherzava e intanto la Dina mianonna, con geometrica precisione, divideva la carne del pollo, secondo regole gerarchiche, prima gli uomini, poi i bambini e le donne.
Era importante il cibo a casa mia.
Mentre si mangiava, si favoleggiava dei tempi in cui la Dina teneva la trattoria nel paese piccolo.
Venivano i viaggiatori che apposta allungavano la strada pur di godere della sua pasta ben condita e della sua cacciatora, e quelli senza un soldo, che mangiavano e facevano allungare il conto, e qualche volta si portavano un amico. Ma una volta era venuta, per intera, anche l'orchestra del maestro Angelini, che una canzone aveva dedicato alla grazia di tanta cucina.
I ricordi scorrevano sulla tavola e il cibo prendeva altri sapori: diventava il selvatico del fagiano abbattuto con la fionda e si faceva morbido come il burro del vecchio caseificio di casa , che , rovesciato dal secchio, restava madido di piccole gocce di umore. Il burro che la nonna aveva imparato a far da sola, durante il confino in Francia del suo uomo.
Il cibo diventava il cibo di un'altra casa, di altri bambini, di altri racconti, che solo così tornavano in circolo piano piano.
Come per un moto indolente, le storie chiamavano altre storie, che non chiedevano il tepore del camino, ma sbucavano così, un po’ sudate, sulla tavola, col piacere di un uditorio senza fretta.
Quando il giro della memoria aveva già colmato la testa dei piccoli di uno sciame di nomi senza volto, allora miononno e mianonna finivano col parlare l'uno per l'altra, stretti nel loro cerchio di companatico. "Era brava la Dina. Sempre vista a lavorare, da subito. Però quel giorno, con la veste a quadrettini, è pur venuta nella camera buia sul dietro……”
Infuocava mianonna e zittiva il marito con burbere, agrodolci occhiate.
I cibi, in casa mia, erano flauti di ricordi. Invadevano persino i colori, che ne prendevano le sfumature.
Mentre le donne di casa assaporavano la morbidezza di certe stoffe che le clienti di miazia portavano in rotoli o pezze, la Dina sentenziava col suo vocabolario strano.
"Bello questo color crème e questo nocciola, più bello del burro della camicetta della Silvana. No, no, ‘sto giallo è troppo zabaione. Ma che sfacciato ‘sto sangue di bue, va bene solo per le bistecche"…….
I colori si portavano dietro l'ombra, il fantasma dei cibi e il mondo, stoffa o muro, capello o fiore si caricava di una pastosità di fiaba, di pareti di marzapane e di tetti di biscotto.
Così le cose finivano per non essere cose: rivestite di panna, burro o nocciola, di zabaione o di carta da zucchero, si facevano dolci e belle, quinte per giochi di fantasia, in un mondo che si poteva annusare e gustare.
Quando vennero i pittori per la cucina e le donne decisero il color di crema , misi un dito dentro il secchio dove il colore schiumava di latte e, mosso da un bastone, diceva consistenze impensate. Assaggiai, ma non c'era sapore di vaniglia, solo un salato freddo. E un odore di pulito di calce, che non compensava la bocca amara.
[lunedì, 18 giugno 2007]
Da Pesci di nebbia
5 commenti:
Qui si annusa davvero il profumo di peperoni e cipolle, si vede lo "sfacciato" color sangue di bue e si sente il sapore della crema... Anche la mia mamma faceva la crema in casa, quand'ero piccola! Che nostalgia... ma che fortuna avere tanti ricordi...
Roby
Sono qui a ringraziare per tanta gentilezzae a lasciare un saluto.
z.
Zena carissima, benvenuta su Nonblog. E' un tale piacere leggerti che siamo noi a ringraziare te per questo bellissimo post.
Ricambio affettuosamente i saluti.
H.
E' un bel post, ricolmo di finezze, con una maniera nostalgica ma solo in apparenza, perché ciò di cui scrive è vivo nel presente.
Sono andato a vedere il blog da cui provieme e mi è piaciuto. Che dici, Habanera se Zena la trovassimo ancora qui, sarebbe una bella cosa? Per me sì.
grazie e saludos
Solimano
Puoi contarci, Solimano. Zena la ritroveremo ancora qui e sarà un piacere per tutti.
H.
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