Mammina
di Roby
Firenze, 1959, una casa tranquilla nei pressi dello stadio. Mi sono appena svegliata, in una bella mattina di primavera, e sto chiamando “Mamma!!!” con tutta la forza dei miei tre anni: ma è la nonna a rispondermi, dolce e paziente come sempre. “La mamma torna subito, è andata a comprare il latte qui vicino…”. Spiegazione, ahimè, del tutto inutile. Scoppio in un pianto così disperato che la nonna mi prende in braccio e mi solleva verso la finestra, da cui si vede la latteria di fronte e –sulla porta- mia madre. Il sole la illumina, caldo, e la gonna a ruota, stretta intorno alla vita sottile, la fa sembrare più giovane dei suoi 40 anni. Scorgendomi, mi saluta agitando la mano, la borsa della spesa appesa al braccio e sulle labbra il sorriso della Bergman, quel sorriso che da ragazza le procurava schiere di corteggiatori, lo stesso sorriso che folgorò mio padre al loro primo incontro. Incollo il naso al vetro della finestra, rassicurata, mentre la nonna mi coccola, tranquillizzandomi: “Ecco la mamma, hai visto? Eccola lì, sta tornando… non piangere, via… non piangere più.”
Mia madre sarebbe stata un ottimo dottore. Era nata per prendersi cura degli altri, che fossero suoi familiari, suoi amici o più semplicemente "il suo prossimo". Avrebbe desiderato studiare medicina, ma suo padre era morto prima che lei vedesse la luce, sua madre tirava avanti grazie alla carità di lontani parenti e il mondo -tutto intorno- era appena uscito da un conflitto per rituffarsi in un altro ancora peggiore. Così lei -proprio lei che detestava i numeri!- fu iscritta alle scuole commerciali, e a 17 anni portava già a casa un onesto stipendio da segretaria d'azienda. Per andare al lavoro avrebbe dovuto prendere l'autobus, ma spesso preferiva far la strada a piedi e spendere i soldi del biglietto in un cartoccio di "coccoli", sorta di spuntino tutt'altro che dietetico tipico delle vecchie friggitorie fiorentine. Malgrado le difficoltà di un'esistenza non certo facile, traboccava gioia di vivere da tutti i pori, oltre ad avere ricevuto in dono dalla provvidenza un involucro corporeo assolutamente delizioso: nessuna meraviglia, quindi, che avesse stuoli di spasimanti ai suoi piedi! Io, in qualità di sua figlia, ho "rischiato" di avere come "padri" almeno un paio di giovani rampolli della Firenze-bene del primo dopoguerra, un sottufficiale dell'esercito di Sua Maestà Britannica ed un noto proprietario di alberghi dell'appennino pistoiese, tanto per citarne solo alcuni... Ma il destino stava lì, in agguato, ad aspettarla, pronto a combinare il patatrac tra lei ed un cugino quasi coetaneo (mai incontrato prima) che dalla Sardegna era arrivato a frequentare la scuola ufficiali a Lucca. Il destino, giustappunto, fece ammalare mio padre abbastanza seriamente mentre si trovava in accademia, tanto lontano da casa, e mia madre con mia nonna -come parenti geograficamente più prossime- furono inviate a portargli conforto. Mai visita risultò più gradita! "Ho raccontato ai miei commilitoni che tu sei la mia fidanzata" scrisse papà alla mamma, pochi giorni dopo, sottintendendo che sarebbe stato ben felice di una simile eventualità. E il fidanzamento si realizzò, eccome!! Dal 1940 dovettero aspettare ben 15 anni prima di coronare il loro sogno d'amore! Meno di un anno dopo, manco a dirlo, arrivavo io... Tutto il resto è stata una vita lunga, non facile ma piena di sentimenti, di emozioni e di un ininterrotto darsi agli altri senza pretendere quasi nulla in cambio, fino a consumarsi come un balsamo prezioso, dal quale tutti hanno attinto e di cui alla fine è rimasto solo il delicato, persistente profumo.
3 commenti:
Sono senza parole, Roby. E' un post bellissimo.
Grazie!!!
H.
Più che il post, era la mia mamma ad essere BELLISSIMA, dentro e fuori...
Grazie, Habanera.
Ti dispiace se inserisco anche un pezzo su mio padre?
Lui se n'è andato sette mesi prima di lei: ed ora passeggiano lassù, probabilmente insieme alla loro... ma questa è un'altra storia "familiare". E non posso star qui ad intasare il tuo blog con le storie di casa mia!!!
Baci
Roby
Cara Roby, ma sì che puoi, anzi devi scrivere tutto quello che vuoi sul nostro blog. Non lasciarti fuorviare da quel "di Habanera" che segue il nome Nonblog. E' una scelta che si è resa necessaria per evitare confusione. Infatti la blogosfera pullula di nomi molto simili, tipo: non è un blog, questo non è un blog, non-blog, ed altri simili. Ma qui devi sentirti a casa tua ed io sono ben felice che tu ci sia.
Un abbraccio
H.
Posta un commento