Ieri mi sono guardato un film che avevo registrato alcuni giorni fa, “Volaverunt” di Bigas Luna, con una Penelope Cruz magrissima, seccata e seccante, che fa proprio rimpiangere Laura Del Sol e Cristina Hoyos dei film di Saura. Un filmazzo colorato ed involontariamente ridicolo. Solo che c'era nella colonna sonora “La ritirata di Madrid” di Luigi Boccherini. E' l'ultimo tempo del quintetto G.453 per chitarra, 2 violini, viola e violoncello, e dà il nome all'intero quintetto. Stamattina lo sto ascoltando e riascoltando nella incisione di Narciso Yepes col quartetto Melos. E' come una guerra che si scioglie in danza, abbagliante e delicata . Il tema ed undici variazioni durano in totale appena sei minuti. E la ronda notturna che gira per le strade di Madrid (questa è la ritirata) quante ne combina in quei sei minuti! Si è contenti di essere vivi, così, anche per il solo motivo di poterla ascoltare.
Nel compact dei quintetti di Boccherini, c'è un altro brano famoso: il Fandango. Più lungo della Ritirata di Madrid (ben 7 minuti!), è l'ultimo tempo del quintetto G.448. Oltre a Narciso Yepes ed al quartetto Melos, qui c'è Lucero Tena con le castagnette, che credo siano simili alle nacchere. Vien voglia di ascoltare anche una habanera, e perché no, un tango.
Tutti parenti, fra Andalusia, Cuba, Messico ed Argentina. Sono un dilettante, non so neppure leggere le note, ma mi è chiaro che è una parentela che si basa anzitutto sulla forma musicale, non su psicologismi avventurosi.
Del tango dicono che “è un pensiero triste che si balla”. Per me non è affatto vero che il tango sia triste. Uno triste se ne sta in un cantuccio ad annoiare sé stesso, se può anche gli altri. Il tango non è noioso né triste, semmai tragico, drammatico, appassionato. Sono due le situazioni in cui questa musica è assolutamente coinvolgente: quando si esprime in esecutori che ci sono cresciuti dentro, e quando grandi musicisti ne adottano le forme con rigore, fantasia e … umiltà. Sì, umiltà, perché non pretendono di asservirla, ricreano in sé stessi una disponibilità ingenua e finissima.
E' stato il caso di Bizet, Ravel, Albeniz, Granados, De Falla. Anche di Piazzolla. Non è musica materialista, gastronomica, ma corporea, di corpo sublimato restando corpo. E Galimberti, col suo l'inconscio è il corpo, ci dà una chiave per capire: si manifesta quello che Groddeck chiamava l'Es che sfotte con allegra irruenza tutti i Super-Io, mentre l'Io, impaurito e triste (lui sì) si nasconde nel solito cantuccio dopo aver timbrato il solito cartellino.
Che all'origine ci sia il corpo lo dice benissimo il fiammingo Rubens, con la kermesse del Louvre e con la danza di contadini del Prado, di cui inserisco un particolare.
[1 e 2 dicembre 2003]
1 commento:
Un post delizioso, caro Solimano, e una gran voglia da parte mia di rendergli omaggio inserendo "La ritirata di Madrid" nel Player in fondo alla pagina. Però, nonostante le mie ricerche, non sono riuscita a trovarla su YouTube.
Quel dommage!
H.
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