Per quanto riguarda l’alimentazione, da piccola sono stata la disperazione dei miei genitori. I cibi di cui mi nutrivo, da me accuratamente selezionati fin dalla più tenera età, si riducevano essenzialmente a:
- pastasciutta a burro o al pomodoro (banditi ragù, amatriciana, pesto, vongole e “robaccia” simile);
- riso in bianco (zafferano? Funghi?? Dico, ma…vogliamo scherzare???);
- tonno al naturale;
- formaggio, rigorosamente limitato a Bel Paese o mozzarella (che SCHIFO il parmigiano!);
- patate lesse, fritte o arrosto (appena tollerate quelle col prezzemolo);
- affettati tipo mortadella, salame e prosciutto (consumati solo dopo un’attenta operazione semi-chirurgica di eliminazione di ogni traccia di grasso: e quando dico “ogni traccia” intendo che, al termine della dissezione, la mortadella sembrava una sottile fetta di groviera rosa…);
- polpettone (SOLO SE uscito direttamente dalla cucina di mia madre!!!);
- minestra in brodo (non parlatemi di minestrone, con tutti quei pezzi di verdura galleggianti “non identificati”!);
- mele (in mancanza delle quali la mamma tentava di spacciarmi pere tagliate a spicchi, che riconoscevo subito dall’odore, rifiutandole sdegnosamente);
- gelato di crema e cioccolato (dolce estivo);
- panettone (dolce invernale).
Il mio senso del gusto –a parte l’avversione per la carne rossa, scritta a caratteri cubitali nel mio DNA- è rimasto pressochè atrofizzato fino alla tarda adolescenza. Solo a partire dai 18 anni o giù di lì ho accettato di “rischiare”, provando sapori fino ad allora considerati quasi sacrileghi. Da quel momento, però, nessuno mi ha più fermato, con grave pregiudizio della mia silhouette. Lasagne alla bolognese, torta pasqualina, risotto allo scoglio, orecchiette alle cime di rapa, penne al salmone, crema di asparagi, pomodori ripieni, timballo di maccheroni, fragole alla panna, spaghetti alla Norma, impepata di cozze, parmigiana di melanzane, insalata russa, cipolline in agrodolce, carciofi alla giudìa, crostini di fegatini alla toscana… Potrei continuare. Ma sapete, mi è venuto un certo languorino, forse un po’ di appetito pomeridiano dopo il panino della pausa-pranzo in ufficio. Magari apro un pacchetto di crackers, di là in cucina. Oppure vado a sgranocchiare una di quelle barrette di cereali integrali e cacao magro, fatte apposta per saziare senza appesantire (lo dice anche la pubblicità). Va bene: intanto che ci rifletto su, mi preparo due belle fette di pane casalingo accuratamente spalmate di burro e marmellata, poi dò un’occhiata nel freezer per vedere se è avanzato un rimasuglio di affogato al caffè con granella di nocciole, ed infine svuoto degli ultimi dieci o dodici “baiocchi” rimasti il barattolo di vetro dei biscotti: così poi lo lavo, lo asciugo e (per fare un po’ di sano movimento) lo rimetto a posto lassù, in alto, sull’ultimo scaffale della credenza.
mercoledì 5 settembre 2007
Sapori
Sapori
di Roby
Pubblicato da Roby alle 17:41
Etichette: Appunti personali, Roby
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4 commenti:
Adorabile Roby!
Ho messo su un paio di chili solo a leggere questo post. Se poi mi soffermassi anche a guardare le immagini ingrandite penso che sarei costretta a rifarmi completamente il guardaroba, con una taglia in più.
Ciao, carissima.
H.
Ho avuto una storia gastronomica abbastanza simile, nel senso che da bambino e poi da ragazzo avevo delle idiosindrasie che ho rimosso in seguito, ma non tutte: ad esempio mi rifiuto di mangiare maionese, yogourt (non so neanche come si scrive...), wurstel e trippa.
Sono del tutto d'accordo con Roby per quello che riguarda le patate: non scelgo fra bollite, fritte o arrosto, le voglio tutte.
Dissento vigorosamente per quanto riguardo il parmigiano, anzi il PARMIGIANO-REGGIANO. Ho avuto per cliente un caseificio reggiano in cui il proprietario mi riforniva sua sponte di PARMIGIANO-REGGIANO stravecchio che preparavano per autoconsumo (per magnarselo loro, per capirsi). Non era da grattugiare, ma da mangiare a scaglie fatte col coltellino apposito: il sapore te lo sentivi in bocca per tutta la giornata, ed era buonissimo.
Anche per il minestrone dissento: ci vogliono tante verdure, ognuna riconoscibilissima l'una dall'altra quando arrivano in tavola, mentre non sopporto i passati di verdura, roba da convalescenti.
E' come per i blog, che devono essere ben distinti pur essendo contigui, mentre se si assomigliano troppo non vanno bene.
Anch'io, di tanto in tanto, parto all'assalto del frigo, a volte mi capita anche di notte, e adesso non ho complessi di colpa, perché non sono più sovrappeso. Sui gelati, infine, e Roby lo sa benissimo, non ne mangerò più buoni come quelli che faceva la gelateria "da Pino" di Via Castiglione a Bologna.
saludos
Solimano
Trippa! Solimano, non sai cosa perdi! Son cresciuto a trippa in stile padano, poi ho scoperto quella di Caen, che vendono anche nel barattolo di vetro.
Parmigiano e Grana. A Milano si dava a volte in osteria la "raspadura": sottilissimi veli di grana, meno stagionato del parmigiano, per accompagnare il vino. Raspadura: anche la parola ha un che di nebbia fuoriuscente dalle rogge, di aria pesante di fumo e pessimo vino rosso, di tram che sferraglia minaccioso.
Nicola, se conosci ed ami quella Milano lì, dovresti leggere - se non l'hai già fatto - "Tirar mattina" di Umberto Simonetta, il racconto in prima persona di uno sbandato picaresco, l'Aldino. Descrive gli accadimenti che si susseguono nella notte che precede la mattina in cui finalmente comincerà il primo giorno di lavoro della sua vita.
Ma comincerà veramente?
saludos
Solimano
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