mercoledì 29 agosto 2007

Dei ritorni e di altre imprudenze



Dei ritorni e di altre imprudenze

di Jomarch


Sogliano al Rubicone, 21 luglio 2007, ore 22
Daniele canta e mi accorgo di avere così tanti pensieri che tu non sei che l'ultimo pezzetto di questa infinita matrioska. Ho la mente che turbina, poi solo quella data, un piccolo sussulto nascosto e trovato per caso. Null’altro.

e tirava una brezza che dava un colore alla quiete
e profumo di pane alle olive
lei pure mi vide e forse sorrise non sono sicuro, ma forse davvero sorrise perché all'improvviso fu molto più forte
l'odore del pane alle olive


Intanto il telefona squilla e io sospesa, trattengo il fiato. Non so come toccarti. Ho ancora paura, non sono guarita da quell’ansia di rovinare e rotolare di fretta e futuro.
Da dove ti (ri)comincio?
Dopo 7 anni?
Dove sbaglierò adesso?
Dopo 7 anni.
E questa piccola idea, nata tra uno sbadiglio e una risata, mi si è trasformata in realtà tra le mani, forse per errore. Liscia come creta da plasmare in apnea, chè sgraziata saprei distruggere.
I RITORNI sanno essere più pericolosi delle ANDATE. Hanno lame più affilate.
Tasche piene di ricordi.
Di quell’inverno, quell’inverno che fu d’estate.

San Lazzaro di Savena, 18 marzo 2001, via Speranza
Quell’inverno sembrò d’estate, e non solo per il sole. No, non credo fosse quello. Quell’inverno sembrò lungo e caldo, sembrò gli occhi aperti, i panini al bar, i cappuccini e i sogni. Sembrò programmi e finzione di capire la vita, sembrò quasi felicità, sembrò spensierata e oziosa vitalità, sembrò tanto, quello che c’era e non avevo mai voluto avere. L’amore che credevo, che sapevo, era cerimonia e ripetizione di cose astratte e gigantesche. E poi Parigi, così inconsumabilmente bella, così commovente e gloriosa, lenta e furba, lasciva e seduttrice, una sciantosa ingioiellata che si fa dipingere, che si fa guardare, scrutare, frugare, che si fa pagare e scopare. Paris, mentre il mio amore affonda, Paris elegante e ribelle, capricciosa come il mio sentire, Paris e le sue brasserie nostalgiche mentre cado, mentre perdo, mentre balbetto e stringo i pugni, mentre conto i passi, i gradini, le parole, mentre è tutto nuovo e spalancato terrore.
Avrebbe dovuto essere una vacanza breve, appena 15 giorni e invece furono 2 mesi, avrebbe dovuto essere una semplice vacanza studio, è invece fu solo studio, studio della mia incoscienza, delle mie paure sconfitte solo da pensieri leggeri, avrebbe dovuto essere anche un amore senza senso, un non amore, qualcosa per celebrare l’incantevole Parigi, chiuderla nei miei sensi, darle un profumo e un sapore, e invece fu amore folle, vero, audace, bagnato di perroquet e consumato tra un café e la Senna, strofinato, toccato, bruciato in baci lenti, un amore che riempiva le ansie, schiudeva porte, spingeva navi con soffi delicati e carezze profumate, un amore con gli occhi spalancati, un amore che sconfiggeva la miseria, la guerra, la cattiveria. Un amore che non aveva misure, un amore senza storia, senza tempo, un amore che soffriva il freddo e scintillava di gioia.

Da languori, nevrosi e altri tic

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