lunedì 13 agosto 2007

Agosto, blog mio non ti conosco

Habanera



Achille Campanile


Da: Agosto moglie mia non ti conosco

"Figliuolo ".
"Papà " .
" Questo mi pare proprio l'albergo che fa per noi " .
" Te lo stavo per dire " .
" Pulito. Elegante. Almeno a giudicare dall'esterno. Ci staremo come papi. E di': sei contento di questo matrimonio? " .
" Se sei contento tu, sono contento anch'io " .
" Ma sei tu che devi sposare, figlio mio " .
" Sono io? Oh, credevo che fossi tu " .
" Figlio mio, sono sei mesi che se ne parla, abbiamo combinato tutto per lettera, hai avuto perfino la fotografia della fidanzata, che arriva stasera dall'America, e ancora non hai capito che lo sposo sei tu? Mi fai cadere le braccia " .
" Sono io! Che bellezza! Allora fammi vedere meglio la fotografia " .
" To', guarda " .
" Che bella! " .
" Ancora non vi conoscete, ma questo non vuol dire. Avrete anche troppo tempo, per conoscervi. No. Fermo. La fotografia la tengo io, che tu sei capace di perderla. Dove hai messo i fiori? " .
" Nella valigia " .
" Nella valigia? " .
" Avevo paura che si sciupassero " .
" Figlio mio, non ti far sentire, quando dici queste cose. Ti ho fatto studiare, ho speso per la tua istruzione migliaia di lire, ed ecco il risultato. Speriamo che la sposa non se ne accorga prima del matrimonio " .
" E se se ne accorge dopo? " .
" Dopo, troverà che sei l'ideale dei mariti. Ma, prima, ti rifiuterebbe " .
" Come mai? " .
" Così sono le donne. Prima di sposarlo, vogliono che il marito sia un genio. Quando l'hanno sposato, vogliono che sia un babbeo ".

Come visitare lo studio d’un pittore
(da In campagna è un’altra cosa)

La visita allo studio d’un pittore è una cosa difficile.
Si comincia, di solito, a lodare sventatamente i primi quadri con superlativi; dopo qualche passo, l’incauto che s’è slanciato a cuor leggero su questa via, deve ripetersi o tentar qualche variante che, a chi udisse senza vedere, farebbe credere trattarsi d’un pranzo. E poiché la buona educazione, e anche il pittore, vogliono un crescendo ammirativo nei giudizi, a un certo punto il visitatore non sa come andare avanti. Se il primo quadro è bellissimo, il secondo splendido, il terzo maraviglioso e il quarto magnifico, come sarà il quinto? Mettiamo che sia sorprendente; al sesto vi voglio vedere. Per via del crescendo, esso non potrà che rientrare nell’ordine del soprannaturale. E dal settimo in poi?
Ecco. L’errore in cui cadono quelli che visitan lo studio d’un pittore, è di cominciar dai superlativi. Bisogna, invece, amministrare con previdenza il patrimonio degli aggettivi, magari cominciando con una certa freddezza. Ma se lo studio è molto fornito neppur questo è sufficiente; si comincerebbe con: “passabile, non c’è male, grazioso, bello”, e subito si ricadrebbe nel vicolo cieco dei “bellissimo”, eccetera.
Dunque?
Dunque, signori, cominciare con apprezzamenti tanto più freddi, quanto più numerosi sono i quadri da esaminare, per aver poi il margine necessario al crescendo. Prima di cominciare il giro si domanda:
« Quanti sono i quadri da vedere? ».
« Quattordici ».
Bene. Per gli ultimi dieci sono a posto. Bisogna trovare gli apprezzamenti per i primi quattro: apprezzamenti freddi, date l’esigenze del crescendo.

Ecco uno
SPECCHIETTO PER QUATTORDICI QUADRI.
1. Così così.
2. Passabile.
3. Niente di straordinario, ma insomma ci possiamo contentare.
4. Un pochino meglio.
5. Non c’è male.
6. Discreto.
7. Grazioso.
8. Bello.
9. Bellissimo.
10. Splendido.
11. Maraviglioso.
12. Magnifico.
13. Sorprendente.
14. Soprannaturale.

E se i quadri sono molti di più? Bando agli scrupoli: cominciare con apprezzamenti sfavorevoli. Ci guadagneranno i superlativi finali.
Mentre ci dirigevamo verso lo studio, ho chiesto al signor Gontrano :
«Quanti quadri? ».
«Un centinaio ».
Ho vacillato. Ma non mi son perso d’animo.
Davanti al primo non dico parola; per avere il vastissimo margine necessario al crescendo, e poiché sono un discreto simulatore, ho dato segni di nausea.
«Si sente male? », fa Gontrano. « Vuole un vomitativo? ».
« Non occorre », mormoro. « La vista di questo quadro è più che sufficiente. Mi fa rivoltar lo stomaco ».
A mio zio per poco non viene un accidente. Amleto, impassibile, non aveva capito nulla, e Ambrogio dava segni di soddisfazione.
Quanto al signor Gontrano, era allibito. Non gli ho dato il tempo di reagire. Davanti al secondo quadro occorreva attenuare, ma non troppo.
« È passato », mormoro, ma anche questo quadro che obbrobrio! ».
Gontrano era livido. Io pensavo: “Un po’ di pazienza, amico. Fra poco mi abbraccerai”. Ma. dopo cinque o sei quadri, a un mio “puah” di disgusto, scoppia :
« Pezzo di mascalzone, alla porta! ».
Tanto peggio per lui, che così non m’ha sentito esclamare: “splendido, maraviglioso, incantevole”. E dire che ero già arrivato all’aggettivo “stomachevole”.




2 commenti:

Giuliano ha detto...

...stavo giusto per suggerire...
(sono al lavoro per un monumento ad Achille Campanile)
Giuliano

Solimano ha detto...

Hai fatto bene, Habanera, ad inserire questi due brani di Campanile, così acuti e lievi, ma non di superficie. Ci volevano proprio.
Fra un po' di tempo inserirò anch'io brevi brani di autori inattesi che apprezzo molto, anche di qualche secolo fa, e non certo come riempitivo (di cui non abbiamo alcun bisogno), ma perché, per scrivere meglio, è indispensabile una cosa: leggere gli autori giusti, e Campanile è uno di questi.

saludos
Solimano