Ci si alzava quando io, ora, vado a dormire, anche prima.
Alle 3, le 4 di notte.
L’auto era già stata preperata la sera prima.
Già l’auto, rigorosamente Fiat: la 500, poi la 850, poi il 127.
La classe operaia non andava più in bicicletta, ma in paradiso, per le autostrade.
Sul portabagagli il lettino della sorella più piccola. Sembrava una 500 a castello, la nostra.
Otto ore di viaggio, anche nove, e salire gli appennini erano cavoli amari.
Mio padre alla guida incitava la 500-cavallo: su, vai su.
E le soste per mangiare un boccone. Tutta roba fatta in casa, anche il caffè, nel termos. Allora mi vergognavo, oggi è un bel ricordo.
Le ferie della famiglia operaia negli anni 70.
Dalla padania alla toscana, a qui
Dove andate in ferie?, domandavano a mio padre. In Toscana rispondeva. Ma intendeva dire Cortona e il suo circondario, dai parenti nostri, contadini. Alcuni ricchi, molto, alcuni poveri, molto.
Tanti, come mio padre, se n’erano andati
… la noia l’abbandono il niente son la tua malattia,
paese mio ti lascio, io vado via
Nel luglio del 1974 partecipai a una battitura del grano. Giorni di vacanze lavorando, sotto il sole della Toscana.
Nel luglio del 1974 i miei zii, a mezzadria, avevano ancora un padrone.
Mi fa effetto quando ci ripenso: lui arrivava in moto, spegneva, scendeva e loro che gli dicevano “giorno sor padrone”.
(Un po’ come avviene nell’editoria: giorno sor editore, giorno sor scrittore, giorno sor critico).
Comunque.
Rividi la stessa scena, parlo della battitura del grano precedeuta dalla raccolta, anni dopo nel film Novecento di Bertolucci.
La battitura del grano nella grande aia, poi il pranzo per gli altri.
Venti trenta altri contadini dei poderi vicini. Lavoro a rotazione, come una cooperativa.
Niente di scritto: la tradizione contadina prevede il reciproco scambio della forza lavoro in cambio di un piatto di pasta, un secondo ma non sempre, del buon vino. Sempre.
Siamo, sono ancora un figlio del 900.
E lo sono anche tanti ragazzi, oggi. Quelli che si ritrovano in piazza, quella che un giorno mi disse “scusa se non uso internet, ma preferisco il profumo della carta”.
Lì comunque, a Cortona, quando posso io torno. Anche in treno, che però è scomodo, come sempre. Trenitalia non va mai in paradiso.
Anche lì, a Cortona, certo, c’è internet. Ma c’è un’altra cosa, che resiste. La piazza. I vecchi si ritrovano al mattino e i giovani la sera.
E qui lo dico e non lo negherò mai: meglio la piazza di internet.
9 Luglio 2007
Da Appunti di Remo Bassini
3 commenti:
belle foto, grazie
E' la tua città che è straordinariamente bella, Remo! E pensare che la conoscevo solo di nome; praticamente l' ho scoperta leggendo il tuo post.
Cortona è un posto (posso chiamarlo così?) a me molto caro, con alcuni altri fra Toscana, Umbria e Lazio, per almeno tre motivi.
Il primo è arrivarci, perché senti dal tipo di altimetria e di natura, dalle case e dai palazzi, la storia coerente che c'è dietro. Non ci sono danni sensibili, a parte la solita questione dei quartieri periferici, ma la gente la capisco: hanno voglia di stare comodi.
La seconda è il sarcofago bellissimo che c'è al Museo Diocesiano, con la storia incredibile di Donatello e Brunelleschi (ma non ci credo che Brunelleschi ci andasse in zoccoli).
La terza è che è la città di Luca Signorelli, grandissimo ad Orvieto, ma anche a Monteoliveto e nelle Marche (ci sono sue opere sue belle anche a Brera). Un pittore strano, forse un po' rozzo come cultura libresca, ma capace di valori tattili con cui può competere solo il Tura. Per vedere il suo quadro nella chiesa di Arcevia, capitai dal prete la domenica che era a tavola a mangiare: sbuffò un po' ma infine fu gentile ed entrai in chiesa per la porta privata del prete, esperienza divertente.
Non credo che la piazza reale e virtuale siano in contrapposizione, se lo fossero, starei con la piazza reale. Bisognerebbe solo portare un po' più di realtà nel virtuale, che è in balìa di certi manierismi inutili e alla fine affaticanti, ma è un discorso che riprenderò volentieri un'altra volta. In una parola: mi sembra che in rete ci sia spreco di talento; presi da certe regole che si autoimpongono, perdono tempo in cose che li distraggono da quello che veramente conta: scrivere qualcosa che abbia un senso e si faccia leggere.
Però, in queste serate, meglio uscire e trovarsi in piazza.
saludos
Solimano
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