lunedì 29 settembre 2008

Martha et ses amis


Martha Argerich


Martha et ses amis
(la sera del 19 giugno 1990)

di Solimano



Martha Argerich
Alexander Rabinovitch
Mischa Maisky
Dora Schwarzberg
Hans Fazzari
Nelson Goerner
Christian Favre
Nelson Freire (assente)

Manca qualcuno degli abbonati, così riesco a sedermi in quarta fila. E' caldo, nell'enorme stanzone del Conservatorio.

Passo e voce esitanti della ragazza che annuncia il cambiamento di programma. Manca Nelson Freire, piccolo brasiliano dai riccioli brizzolati.
Ma il programma cambierà ancora, durante il concerto.

All'inizio, con Mischa, Martha è lieta. Sorrisi non forzati, occhi scintillanti; i capelli, lievemente ondulati, sono meno lunghi del solito. Mischa, nella prima parte del concerto, ha una camicia di seta nera; nella seconda parte la cambierà in una di seta blu. Sprigiona vitalità, respira con lo strumento, lotta con esso e lo ama. E' la lotta di Giacobbe con l'angelo nella Bibbia. Ma dov'è la scala di Giacobbe? Dov'è il cielo?
Con Mischa, il Beethoven giovane non ha più niente di settecentesco.
Non c'è conflitto fra Martha e Mischa, ognuno dei due suona con l'altro portando in dono il suo modo di essere felice.

Poi c'è la lunga meravigliosa musica di Brahms per due pianoforti, la stessa musica del quintetto opera 34. Non è prevista dal programma, Martha e Alexander hanno deciso d'impulso. Alexander col solito scaldino per la mano e la forcina per i capelli a scoprire il sudore freddo della fronte.

Cominciano i problemi con la mite ragazza bionda che gira i fogli della musica. Anche gli occhiali sono biondi. Ma la felicità è ancora in Martha: le sue mani forti sono all'unisono con le dita lunghe e sottili di Alexander.

Martha non è bella.
Non è bella la sua andatura, come se camminasse sulle uova non spezzandole, ma incrinandole una per una.
Cosa ha di bello? Le fiamme nere degli occhi, la bocca sdegnosa. Il modo di muovere la testa quando suona.
E' la tempesta in "Sogni" di Kurosawa, ma tormenta se stessa.

Fra trent'anni, la biondina racconterà ai nipoti il gesto scorbutico con cui Martha le rigira il foglio.

Il pubblico. Entusiasta dopo Mischa e Beethoven, poi sempre meno. Troppe donne, alla TV c'è la partita di calcio dei mondiali. Molte se ne andranno nell'intervallo (dopo le 11!), ma anche quelle che restano sentono in Martha l'archetipo atavico della distruzione del nucleo familiare.
La donna del mare, la straniera.

Prima dell'intervallo, Martha fa un Mozart-Grieg con Hans Fazzari, organizzatore e pianista. Mozart affiora ogni tanto, con semplicità.

Intervallo. La grande fuga verso il metrò, lontano dalla fata-strega.

Quando riprendono, si capisce perché Martha gira il mondo avec ses amis. Alexander ha scritto una composizione per quattro pianoforti, chiamandola, con autoironia goffa e fine "La Belle Musique". Oggi a Martha è impossibile non eseguire quella musica dolce, ossessiva, ripetitiva. Lunga, soprattutto. Forse non ci crede lo stesso Alexander, che suona compunto questa specie di orgasmo senza capo né coda. E gli altri due pianisti? Nelson è come la bionda dei fogli, noiosamente tranquillo. Christian sostituisce l'altro Nelson, Freire.
E' piccolo come lui ma ha l'aria di chi si sente fuori posto.

Poi Dora con Alexander esegue la sonata di Richard Strauss. Non è vestita bene (volendo esserlo), non più giovane, un po' sovrappeso. Meraviglioso l'autodominio: "Che io scenda con dignità". Ma quale discesa? Nessun critico parlerà di lei, sono i tempi delle Mutter e dei Pogorelich. L'autodominio di Dora significa trasporto ed ironia, sentimento e distacco. Significa il gesto esatto con cui misura lo spazio staccando l'archetto dal violino. Chi vedrà mai il retro delle statue di Chartres? L'illuminazione è essere perfetti negli atti gratuiti.

Tornano Martha e Mischa con Schumann, mirabilmente.
Eppure Martha non è contenta, alla fine: guarda Mischa con occhi senza luce e la ruga verticale si fa strada fra le sopracciglia. E' quasi sconvolta, ha cinquant'anni, ora.
Non esce neppure a ringraziare. Ma noi sappiamo come fa, quando esce: parla col partner, un grande inchino -solo uno- senza guardarci, con i capelli lunghissimi a sfiorare il pavimento. Poi se ne va, sempre parlottando a parole secche.
Infine Christian esegue emozionato, tecnicamente sommerso e riemergente, una serie di variazioni su "Il bel Danubio blu". Ha un modo di suonare da Noterelle di uno dei mille, ma il pubblico si trova a suo agio. Non deve più camminare sui tetti, sporgersi dai cornicioni, accapigliarsi con il vicino.
Solo farsi accarezzare come un gattone sonnacchioso.

Intravedo, dietro l'ingresso al palcoscenico, una donna non alta dai capelli scuri. Pantaloni neri e camicetta a fiori vivaci. E' Martha! Dietro ci sono alcuni amis, ma non Alexander.
Martha è di nuovo lieta e sorridente. Segue tranquilla l'esecuzione di Christian, gli gira mentalmente le pagine e alla fine, di fronte a noi (ma è come se non ci fossimo) abbraccia il ragazzetto che non farà carriera e gli stampa due baci sulle guance. Gioire per la gioia di un altro, ecco la soluzione.

Mischa Maisky


6 commenti:

Giuliano ha detto...

Martha Argerich mi manca, e mi dispiace. Però chi non è mai stato ad un concerto "acustico" (ormai bisogna dire così: non elettrico, non amplificato, un animale vivo, un bosco o un prato di montagna e non una cartolina)si è privato di qualcosa, e magari non se ne accorgerà mai, e alzerà le spalle sbuffando quando gliene si parla.

Habanera ha detto...

Che cosa strana sono le emozioni. Le si prova anche attraverso parole che ci fanno vivere esperienze e ricordi che non ci appartengono.
E le facciamo nostre, queste emozioni, bagaglio (o bottino?) di esperienze che non abbiamo vissuto.
E' la forza, la grande forza, della scrittura.
Solimano, ho voluto accompagnare questo tuo ricordo con un brano eseguito da Martha ed Alexander ma tutta la musica andrebbe altrettanto bene perchè la musica è emozione, sempre.
Grazie!
H.

Anonimo ha detto...

Solimano,

questo tuo pezzo intorno a Martha Argerich - buono come la colazione fatta con un amico -, sull'asincronismo che l'ha dominata a più riprese durante quella sera che racconti, mi fa tornare in mente il post che oggi Venises pubblica sul sito-rivista www.fulminiesaette.it - che condividiamo.

Tratta di Richard Strauss asincronico e il video, il video... è fuori sinc - noto subito con l'occhio strabico dell'uomo di cinema e televisione.

Asincronici, fuori sinc - penso leggendo e vedendo Venises, ripenso leggendo te e immaginando Martha quella sera - asincronici, fuori sinc sono sempre i creatori, gli artisti, coloro che vivono in questo e in un mondo parallelo a questo. Parallelo - ha ragione Cèzanne - e un po' fuori sinc, possiamo aggiungere insieme.

Fulmini
www.fulminiesaette.it

Anonimo ha detto...

"L'illuminazione è essere perfetti negli atti gratuiti".
Questa frase credo che mi accompagnerà, a lungo.
Come il gesto della rottura del vaso di nardo.

(saluti)

zena

Solimano ha detto...

Giuliano, concordo con quello che dici. Quando parlate di musica tu ed Amfortas, ad esempio, io mi azzittisco perché ho meno competenza di voi, e ascoltandovi imparo, però non mi sento frustrato, perché ho avuto la fortuna di poter andare per dieci anni a sentire la musica mentre la si fa, e questo per circa cinquanta concerti all'anno. Prima o poi ne parlerò di questa esperienza, in cui hanno importanza gli esecutori, ma anche il pubblico ed il posto dove la si fa, ma l'ascolto diretto è impagabile, non c'è confronto.
Habanera, proprio così: emozioni. Questo brano l'ho scritto a caldo, la notte stessa dopo aver ascoltato quel concerto. In questi diciotto anni sono cambiato, per cui il brano l'ho molto asciugato (ridotto a poco più della metà) ma non ho aggiunto niente, ho solo sistemato un po' di virgole qua e là.
Grazie per la musica suonata da Martha ed Alexander!
Fulmini, credo di aver capito cosa intendete per asincronismo, ed ho letto con molto interesse da voi il brano di Venises, di grande competenza. Mi permetto solo una osservazione non a voi rivolta, ma di tipo generale.
Martha Argerich è nata con un grande talento, ma poi ha avuto maestri eccezionali ed esigenti, come Scaramuzza, Gulda, Benedetti Michelangeli etc. Ha lavorato duro, ha vinto meritatamente il Busoni a Bolzano, il concorso di Ginevra e lo Chopin a Varsavia. Quindi, una così, l'asincronismo se lo può permettere (e anche l'annullamento di concerti all'ultimo momento...).
L'asincronismo è un dippiù, come la grazia infusa, non è una scusa o una scorciatoia come oggi qualcuno crede in poesia, in pittura, in musica. Dietro un grande esecutore (anche Mischa, Dora, Alexander, Nelson Freire...) c'è sempre un enorme lavoro non di ispirazione ma di traspirazione (leggi fatica).
Ogni tanto vengo a trovarvi, spero di venirci più spesso.
Zena, c'è un paradosso. Perché non è che sei perfetto negli atti gratuiti poi sei felice, è che prima sei felice poi sei perfetto negli atti gratuiti. Ogni tanto succede, specie quando la felicità non la cerchiamo ma le facciamo posto in noi, creando il vuoto accogliente che lei riempie. Il che è coerente col tuo discorso sulla cedevolezza che ricordo molto bene.
Anche se non sembrerebbe, c'è un un aspetto easy in me, per fortuna, ogni tanto... se mi ricordo che c'è!

grazie a tutti e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Questo pezzo che lessi giorni fa di fretta mi piacque molto. Vorrei tanto conoscere questa artista dalla capigliatura così scontrosa.